Questo che vado a scrivere è un post molto diverso dai soliti. Voglio dedicare un po’ del mio e del vostro tempo per fermarci a riflettere sulla situazione davvero particolare e incredibile che un po’ in tutto il mondo si sta vivendo e che, se necessario, ci fa capire ancora di più che siamo tutti uguali. Ironicamente ci avvicina gli uni agli altri, anche se fisicamente ci tiene lontani. Avrete capito, sto parlando dell’emergenza COVID-19 o Coronavirus che dir si voglia.
Chi di voi ci segue sui nostri canali social saprà che dal 1° Febbraio io e Marta ci siamo trasferiti a Brisbane (in Australia) per una nuova avventura. Siamo partiti con il terrore e l’incoscienza legata al coronavirus, ci sembrava potesse essere un problema solo della Cina e, avendo programmato una tappa di 4 giorni a Singapore, eravamo un po’ preoccupati. Nessuno di noi avrebbe potuto immaginare che nemmeno due mesi dopo il coronavirus sarebbe diventato un problema legato al mondo intero. Migliaia di morti in Cina, migliaia di morti in Italia, migliaia e migliaia di morti nel mondo, eppure sembra che l’uomo non impari mai la lezione. Prevenire è sempre meglio che curare, per quanto possibile.
1° Tappa: Cagliari – Milano
Nemmeno a dirlo, ovviamente da Cagliari a Milano nessuno si curava dell’ipotesi contagio dovuta al Coronavirus, sembrava un problema molto lontano dalla nostra realtà, almeno geograficamente parlando. Eppure a Cagliari, Milano e altre città i sindaci avevano ben pensato di sospendere i festeggiamenti del Capodanno cinese, per evitare che i tanti cinesi tornati a casa per questa festività potessero incontrare e contagiare altre persone. Idea buona, ma nessuno ha considerato che le persone affette dal virus poteva tranquillamente andare ovunque anche senza capodanno cinese. E poi perché solo i cinesi? Quanti italiani viaggiano mensilmente in Cina?
2° Tappa: Milano – Singapore
A Malpensa a fine Gennaio nessuno si curava minimamente di possibili contagi. La paura e i media ti portavano però a temere possibili cinesi della zona, a sederti distante da loro e quasi a scappare via se per caso a qualcuno malauguratamente scappava un colpo di tosse o starnutiva.
A Malpensa inizia la nostra grande avventura, con il volo di 12h per Singapore operato dalla SingaporeAir.
3° Tappa: Singapore
Dopo 12h di volo atterriamo finalmente a Singapore e, impauriti, indossiamo le nostre mascherine chirurgiche. Solo poi abbiamo scoperto, a quanto dicono gli esperti, che sono totalmente inutili per proteggersi dal coronavirus.
In ogni caso un agente della dogana vedendoci con la mascherina, pensa bene di rassicurarci immediatamente: “Perché indossate la mascherina? Per il virus cinese? Qui non serve, Singapore è sicura.”
Noi un po’ titubanti e un po’ rassicurati decidiamo di continuare a usare comunque la mascherina in aeroporto, indossata anche da altre centinaia di persone. E decidiamo di fare lo stesso facciamo nei posti affollati come la metropolitana, per sentirci più sicuri.
4° Tappa: Singapore – Brisbane
Dopo qualche giorno a Singapore è tempo di ripartire, direzione Australia. Le notizie sul coronavirus non si arrestano, anzi sembra che in Cina la situazione stia continuando a peggiorare. Mi sto riferendo all’1 Febbraio 2020, data in cui il virus in Cina è definitivamente esploso.
L’ansia si respira anche in aereo, dove tantissimi viaggiatori hanno deciso di indossare la mascherina per tutto il viaggio. Anche io e Marta ci abbiamo provato, ma 7 ore e mezza di aereo con la mascherina sul viso sono davvero lunghe da sopportare.
5° Tappa: Brisbane
Finalmente si atterra a Brisbane e tutto sembra cambiare. Nessuno indossa una mascherina, tutti sembrano ignorare l’esistenza del coronavirus. L’Australia sembra davvero l’Isola Felice di cui tanto si parla. Zero ansie, zero paure, tante persone gentili, sorridenti e disponibili. Persino i controlli alla dogana sono “rilassati”, molto meglio di quanto si possa pensare vedendo “Airport Security Australia” in TV.
Notizie tremende dall’Italia
Sembra davvero che qui quel virus terribile arriverà mai. I giorni passano e le notizie che arrivano dall’Italia sono tutt’altro che positive: troppi contagi, troppi morti, pochi ospedali, pochi posti letto in terapia intensiva. La percentuale di mortalità si alza tremendamente, dall’1% cinese si passa a circa il 10% italiano. Numeri spaventosi, dovuti alla scarsa informazione prima e forse alla tardiva risposta degli interventi politici.
Il Coronavirus continua a diffondersi
Non sono qui per giudicare nessuno, facile parlare col senno di poi, però davvero viene da chiedersi perché l’Italia prima e gli altri stati poi, abbiano sottovalutato la situazione e gli allarmi provenienti dalla Cina, perché aspettare sempre ad agire quando è tutto “troppo tardi”?
Perché Francia, Germania, Spagna e Inghilterra ad esempio, vedendo la CATASTROFICA situazione in Italia e l’altissimo numero di vittime, non hanno agito immediatamente? Perché aspettare sempre a quando sarà tardi e troppe vite saranno andate perse? Qual è il motivo? L’economia? Per far girare l’economia servono le persone, vive e sane. Senza persone non c’è economia.
La situazione in Australia
Descrivevo l’Australia come quell’Isola Felice dove tutto va bene e tutti sono felici. È vero, almeno finché non è arrivata la notizia del coronavirus e non si sono verificati i primi casi anche qui. Il governo, come tutti gli altri governi al mondo, ha sottovalutato la potenzialità virale del coronavirus e invece di prendere provvedimenti immediati per evitare la diffusione del virus ha preferito cincischiare sulle decisioni importanti. Così, ad oggi, le scuole del Queensland per esempio sono ancora aperte, il trend di contagi è in crescita e segue i numeri italiani e molti australiani sembrano non aver capito la gravità della situazione, continuando ad andare al mare, a bere nei locali e a ballare, invece di stare a casa per evitare il propagarsi del virus.
La scusa principale è sempre la solita: la maggior parte dei casi è dovuta a chi ha viaggiato all’estero ed è rientrato in Australia. Assodato questo, perché non bloccare il tutto ed evitare che anche gli altri vengano contagiati? Il virus non decide spontaneamente e non contagia solo i non australiani: contagia tutti indistintamente. E smettiamola di dire che è un problema solo per gli anziani, perché nessuno al mondo può essere certo di rientrare tra quella percentuale che supererà indenne il virus.
Solo adesso qualche locale ha iniziato a chiudere, i luoghi/locali che possono ospitare più di 100 persone sono stati chiusi per legge e i supermercati sono stati presi d’assalto: tutti sintomi di una pandemia che non vuole fermarsi.
Perché?
La domanda che mi sorge spontanea da settimane è sempre la solita: perché agire in ritardo? Perché la gente non capisce la gravità dei fatti e pensa sempre che è un problema altrui e non di tutti?
Ma soprattutto perché non impariamo definitivamente a prendere spunto da chi ci è passato prima di noi, per agire preventivamente e mettere la parola fine su questa tristissima pagina di storia?
In queste settimane la paura ha lasciato spazio prima alla rabbia e poi alla delusione. Perché comunque vada abbiamo perso tutti, perché comunque vada i morti saranno stati sempre troppi.
Non sarà tutto come prima.
Un’ultima cosa che voglio dire a chiunque è che NIENTE SARÀ COME PRIMA. O almeno lo spero. Sarà difficile che tutto riparta come se nulla fosse accaduto, ma questa situazione una volta passata ci avrà sicuramente insegnato qualcosa, o almeno spero.
Smart Working
Spero in primis che tantissime aziende abbiano capito l’importanza dello smart-working. Voglio elencare solo alcuni punti dei tanti positivi dello smart-working:
- Diminuzione dell’inquinamento prodotto dai mezzi di trasporto propri
- Diminuzione delle spese dovute a benzina o ticket dei bus/treni
- Aumento della produttività
- Aumento della felicità del personale che passa meno tempo in viaggio e più con la propria famiglia
E allora mi auguro che una volta finita questa situazione molte aziende continuino ad investire e credere nello smart-working. Per un futuro migliore, per un futuro più smart.
La dignità è in ogni lavoro
Per tanto, troppo tempo, ho sentito dire a chiunque frasi come “ma quello è solo un cassiere del supermercato” o altre frasi ingiuriose per questo o quel mestiere. Questa emergenza ci ha insegnato che tutti i lavori sono importanti, nessuno è migliore di un altro e qualsiasi lavoro potrà essere vitale per la società un giorno.
Quindi finiamola una volta per tutte! Non esistono lavoratori e lavori di Serie A o di Serie B, tutti fanno dei sacrifici enormi per guadagnarsi il pane quotidiano. Ogni lavoro dovrà essere tutelato allo stesso modo da oggi in poi.
Godiamoci ogni singola cosa e ogni singolo momento
Sarebbe bello che questo periodo ci insegnasse a goderci ogni singola cosa e ogni singolo momento.
A goderci il pezzo di pane fresco che abbiamo comprato e consumato, senza sprechi.
A goderci la verdura fresca che abbiamo comprato e consumato, senza sprechi.
A goderci ogni singolo pasto passato in compagnia dei nostri cari, perché non ci saranno per sempre e non ci saremo per sempre.
A goderci un pasto senza utilizzare il cellulare, essendo presenti con il corpo ma anche con la testa.
A goderci gli anziani come avveniva un tempo, i veri saggi di questa società che hanno tante interessanti storie da raccontare e tanto da insegnarci.
A goderci i bambini, senza farli diventare adulti troppo in fretta e senza tenerli bambini troppo a lungo.
Rivalutiamo i gesti quotidiani
Troppo spesso dispensiamo baci e abbracci a destra e a manca. Ma quanto è bello dare un abbraccio o un bacio alle persone a cui teniamo davvero? Sarebbe bello tornare a godere appieno di questi gesti, perché se si riceve un abbraccio da chi solitamente non ne dispensa, beh avrà tutto un altro sapore.
Quando vedremo una persona bisognosa per strada o in stazione, non dovremo essere terrorizzati o far finta che non esistano. Tutti abbiamo una dignità, alcuni sono stati solo meno fortunati di noi. Aiutiamo sempre i più bisognosi per quanto possibile, sono sicuro che in questo modo riusciremo a costruire un mondo migliore.
Godiamoci la libertà
Nei nostri viaggi abbiamo vissuto varie esperienze in cui le persone potevano dire di non essere state libere o di non essere libere ancora oggi. Ecco, spero che queste settimane di “reclusione” serviranno a capire quanto siamo liberi nella nostra vita di tutti i giorni, liberi di esprimerci, di fare, di provare, di sbagliare, di amare, di odiare, di mangiare, di sprecare, di consumare, di uscire, di partire, di non tornare, di scappare…